Caterina Barbieri: Spirit Exit | Recensione

caterina barbieri spirit exit recensione

Caterina Barbieri è una giovane compositrice bolognese; famosa per una tipologia di musica che riesce a stimolare memoria e percezione attraverso effetti psico-fisici del suono. Uno stile fatto di sintetizzatori, computer ma anche strumenti a corde come il clavicembalo, chitarra o gli archi. Il nome del suo nuovo lavoro è “Spirit Exit”, edito da Important/Editions Mego.


Ottavo album per l’artista, che negli ultimi 9 anni ci ha incantato col suo stile, riflette un lato quasi inedito, un nuovo modo di affacciarsi al fare musica che definiremmo “sopra le righe”.
La copertina dell’album è cupa e troviamo una donna sdraiata a ridosso di un lago, una visione quasi introspettiva; ma immergiamoci subito in questo viaggio che conta 8 tracce, ed anticipato dal singolo Broken Melody.
Il primo brano si intitola At Your Gamut e inizia con un suono un po’ distorto, ma che in sottofondo ricorda  le onde del mare. Circa a metà brano si cambia leggermente registro: il suono diventa più deciso, più d’impatto, creando un atmosfera magica e psichedelica che non ci fa distrarre nemmeno un attimo.


Transfixed ha una calma che viene inoculata lentamente nel nostro spirito. Sentiamo degli echi ben decisi, ci ricordano un po’ gli echi che si sentono nelle grandi vallate quando, in mezzo a quell’assordante nulla, ogni singolo rumore crea un tonfo netto. Atmosfera quasi da film thriller, questo pezzo è molto originale. Bell’esperimento.

caterina barbieri spirit exit


Canticle Of Cryo rimarca nuovi echi, differenti da quelli della traccia precedente, dove un sintetizzatore si mostra fiero e continuo per tutta la durata del brano. C’è una certa sensazione di vertigine, quasi come se cadessimo nel vuoto, destabilizzante ma comunque piacevole, tanto da lasciarci il dolce e l’amaro in bocca.


Knot Of Spirit (Synth Version) è un viaggio che ci porta direttamente in paradiso: le atmosfere, le melodie, tutti questi elementi portano ad un percorso che sembra di ascesa, in “appena” dieci minuti di durata. C’è dello spirituale in effetti, che viene più volte interrotto dall’artificialità dei suoni proposti, un ottimo connubio tra classico e moderno.


Broken Melody ricorda un po’ lo stile di Enya, ma in versione modernizzata. Non è un pezzo che ci colpisce particolarmente, forse perché rappresenta uno stacco tra quello che abbiamo sentito e quello che stiamo ascoltando. Un plauso alla voce robotizzata.
Life At Altitude inizia con un ronzìo simile allo sciame di api. Si addolcisce man mano che va avanti, mantenendo pur sempre questo stridìo in sottofondo. Elettronico, fuori dagli schemi, incalzante…Sono solo alcuni aggettivi che potremmo usare per questo brano, che non molla la presa nemmeno nei momenti di “calma” apparente.
Terminal Clock ci incute timore. Quasi abbiamo paura, ci mette ansia e curiosità allo stesso tempo, che sia lo scopo che la nostra compositrice aveva nel comporre questo brano? Quasi monocorde, un po’ ripetitivo, un po’ disarmante, un po’ eccessivo. Badate bene, sono tutti pregi questi.


The Landscape Listens chiude l’album. Un po’ un mix di quello che abbiamo sentito già, ci fornisce la chiusura che ci accompagna alla fine di questo viaggio che potremmo definire spaziale ed alieno, onirico e appariscente. Futuristico, ci piace concludere così.
Questo album è un interazione tra l’essere umano e gli strumenti, non è di facile approccio e va ascoltato più volte per coglierne davvero l’essenza. Siamo certi che voi, aprendo davvero le vostre menti, riusciate ad arrivare nelle alte cime dove noi siamo arrivati senza pensare che sotto di voi, lontano da tutto il caos generale, ci sia un mondo nuovo e inesplorato dove si gioca  tra reale e finzione.

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Marco Gruttaglia

Correzione di Valentina La Viola