Francesco Gabbani: Volevamo Solo Essere Felici | Recensione

francesco gabbani volevamo solo essere felici recensione

Volevamo Solo Essere Felici, l’inno di Francesco Gabbani è finalmente nelle nostre mani; ecco a voi la recensione!


Il titolo del quinto disco di Francesco Gabbani è Volevamo solo essere felici, pubblicato per la BMG. Non è
passato molto dal successo del precedente disco: Viceversa, solo 2 anni, ma le emozioni regalateci con i
nuovi singoli: La rete e Spazio Tempo, e la partecipazione al programma televisivo Ci Vuole Un Fiore in veste
di conduttore, hanno affievolito l’attesa.
Eppure questo nuovo progetto si distacca dal precedente disco, che si concentrava sulla percezione esterna
del mondo, al contrario, Volevamo Solo Essere Felici – titolo anche del nuovo singolo- vuole essere
introspezione e analisi interiore di ciò che si è e ciò che si percepisce.
Come suonerà dunque questo nuovo disco? Scopriamolo insieme …


L’album si apre con le gioiose note di Tossico Indipendente, pezzo 100% made in Gabbani. Trionfante e
cantato a pieni polmoni, per una avvenuta liberazione. Il testo parla del sentirsi liberi dopo un periodo di
dipendenza; quella più evidente potrebbe essere da vizi e cattive abitudini, alcool o tabagismo, o peggio
ancora sostanze, ma la musica non ha mai un solo significato: ecco perché il senso di Tossico Indipendente
è la gioia e lo star bene, dopo essersi liberati di un circolo vizioso, che:

“non ci faceva sentire niente e ci bruciava lentamente”.

Si continua con La Mira, e un piano, che definiremo solo per questa occasione: ”atletico”; si muove
attraverso le note proiettate sulle nostre orecchie. Non tarda la voce calda e dolce di Gabbani, a
raccontarci questo nuovo pezzo. Con questo brano, Francesco prende esattamente la direzione che voleva
dare al disco: la ricerca di se stessi, di chi si è, dietro magari a tutte quelle maschere pirandelliane che siamo
soliti indossare, e nelle quali cerchiamo di identificarci. Ma la verità, è che non siamo nemmeno noi certi di
chi siamo davvero e il pezzo, descrive esattamente tutta la ricerca fatta tra trionfi e sconfitte, per cercare di
rispondere a questa domanda. Sarà poi un dolce violino nel finale a spingerci a

provare per sempre e comunque a cercare la mira”.

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La title track invece, si presenta con uno stile spensierato, anni ’80; una batteria umida e sintetizzatori
appannati, ma movimentati, che regalano un momento sereno all’interno del disco. Il singolo, riflette sul
passare del tempo, quei momenti dove per sbaglio o per fortuna abbiamo rischiato, fallendo o trionfando,
nei quali è importante alla fine vivere senza rimorsi. Viversi una vita fatta di brividi e di sfide, per cercare di
raggiungere la tanto agognata felicità; seguendo la filosofia del brano, lasciarsi andare all’istinto e provare
l’ebbrezza di poter raggiungere ciò che si vuole.


Strizza molto l’occhio al suo enorme successo Occidentalis Karma, che cinque anni fa vinse a Sanremo,
Peace & Love, un pezzo pop, con sfumature elettroniche e dall’ipnotico ritornello, con i cori da stadio a
riempire d’emozione un pezzo che esulta al passare del tempo. Un testo adornato da strofe cantate in
lingua inglese ed altre in italiano ma –almeno nella prima strofa e nel bridge- fanno riferimento a motti importanti della cultura di entrambe le nazionalità, riecheggiano in particolare quelle che caratterizzano il
panta rei che è ancora fisso nei temi di Gabbani.


E’ una bellissima ballad invece L’Amor Leggero, composta solo da voce, cori, piano, violini e pochissimi altri
effetti, appositamente posizionati per intensificare l’atmosfera. E’ una canzone d’amore, chiara, pura e
semplice, ma a differenza di una banale canzone d’amore, L’Amor Leggero, interroga il suo cantante su chi
sia, riflettendo sulla sua umiltà, promettendo alla controparte che se egli sarà amato così per com’è, le
donerà l’amore più puro.

Si, così descritto sembrerebbe un pezzo pesante, ma non lo è, è anzi emozionante, ma allo stesso tempo anche fresco e leggero.


Una nuova ballad, più ritmata e leggermente canticchiata è il singolo Spazio Tempo. Piano e percussioni
creano l’atmosfera perfetta per questo brano, che riflette sulla bellezza di affrontare la vita con una
innocente leggerezza. Leggerezza si, e si potrebbe osare dire anche semplicità, dato che riflette su quanto
siano preziose e rare le cose “piccole che viviamo tutti i giorni”, che ci fanno star bene e che sono talmente
vere e spontanee da ispirarci nel nostro cammino.


Diversa è invece La rete, primo vero singolo del progetto. Nonostante lo stile zuccheroso e incoraggiante,
che viene mantenuto in questo pop con sfumature elettroniche, il pezzo nasconde un significato più triste e
riflessivo. A differenza della traccia precedente che analizzava come a volte sorvoliamo sulle piccole cose
che colorano la nostra vita, La rete ci fa notare come internet – e qui il doppio significato di “rete”- sia
diventato una vera e propria trappola per la nostra autostima e personalità. Giungiamo a “sdoppiarci” per
creare una versione di noi stessi online, talvolta non veritiera, che non combacia con chi siamo davvero,
spingendoci a pensare che la versione migliore di noi, in realtà non siamo proprio noi, ma il nostro avatar
on line. E alla fine dei giochi, per un contorto karma:

Il pescatore chi è? Sei te”.

Torna di nuovo il tema dell’amore in Puntino Intergalattico. E’ una canzone allegra e vivace, dal pop
semplice, ma di impatto, con cori da stadio, che irrompono di nuovo nel disco. E’ una canzone che parla
d’amore, poco importa se destinato, a senso unico o momentaneo, ma:

c’era,c’è e ci sarà

E’ proprio questa frase che guida l’ambiguità del pezzo, che da una parte risulta una semplice canzone
d’amore, dall’altra riflette sull’amore in senso più vasto, di come ogni relazione, anche nel suo piccolo sia
unica e importante.


Il miglior pezzo del disco si fa avanti in Sangue Darwiniano. Un brano che al primo ascolto capisci che è
targato Gabbani; il suo stile inconfondibile, la sua metrica, le sue ritmiche e le sue citazioni. Un pezzo
dannatamente orecchiabile e musicalmente perfetto; canta all’accettazione di se stessi, alla propria
presenza nel mondo, alla gloria di poter essere unici e inimitabili, con tutti i nostri pregi e difetti.
Un’interpretazione unica e una personalizzazione ad hoc, con i riferimenti alla cultura religiosa e di massa, scende nello specifico e si autocelebra citando Eternamente Ora ed Occidentalis Karma. Un pezzo del quale
non sai di aver bisogno fin quando non ti si presenta davanti.


Volge al termine il disco con una ultima grande ballad dal: titolo Sorpresa Improvvisa. E’ una canzone dalla
struttura più semplice rispetto alle precedenti, con un significato rivolto alla vita che vale la pena cogliere,
poiché tentare, affrontare, andare avanti per raggiungere i propri obiettivi non è mai sbagliato, infatti
quella “sorpresa improvvisa” può arrivare in qualsiasi momento, e allineare tutti gli equilibri ai quale eri
destinato, e portarti finalmente alla gioia desiderata.

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In conclusione, l’album non lascia molto spazio alle parole, in quanto le emozioni che riporta a galla e il
desiderio di speranza e di amor proprio che rilasciano le note di questo disco toccano l’anima in maniera
indescrivibile. Un album impeccabile sotto tutti i punti di vista, dal lato tecnico, a quello sentimentale, a
quello dei testi meticolosamente elaborati.


Ci troviamo forse già di fronte al miglior album italiano del 2022?
Io credo proprio di si, e voi?

Hai già letto delle novità che ci aspettano questa settimana? Le trovi qui.


Gabriele Romano

Correzione a cura di Valentina La Viola