Tanto desiderato e tanto progettato; tanto da esser pure stato anticipato dal precedente lavoro “Everyday Life”, l’album a tema spaziale dei Coldplay é finalmente fuori con il titolo “Music Of The Spheres”.
E pensate che tale progetto, iniziò a essere lavorato più di 10 anni fa, e fu proprio Chris Martin a chiedere un modellino di un sistema solare per lasciarsi ispirare.
Un disco che si prospetta più alternativo, più inclusivo: pop, tecno, elettronica, fino ad arrivare a dei più moderni funk con una spruzzatina di k-pop, ma il soud è sempre quello storico dei Coldplay.
Dopo una intro che ricorda i videogiochi a tema spaziale, con suoni distorti e in interferenza, “Higher Power”, (primo singolo del progetto) prende forma, regalandoci una traccia che ricorda le band pop di inizi 2000, che mischiavano le loro sonorità con strumenti e sfumature più rock, senza perdere lo stile elettronico in lontananza. Insomma, si tratta di un pezzo che unisce bene pop, elettro, rock e una spruzzatina di k-pop (al quale si sono visibilmente ispirati) che funziona, ma la nostalgia del precedente sound Coldplay colpirà i fan.
Dalla penna dei Coldplay e Max Martin, non poteva nascere un brano meraviglioso: Humankind, che abbraccia tutte le ultime sfumature adottate dalla band, e che in qualche modo sono diventate il loro marchio di fabbrica, ispirando di conseguenza altri gruppi come i OneRepublic e i Maroon5. Nulla da dire al riguardo, é un pezzo ben prodotto e ben scritto, é semplicemente una canzone “alla Coldplay”, con i suoi lati positivi e negativi.
Dopo un altra breve intro, si passa ad uno dei pezzi più attesi: “Let Somebody Go”, in collaborazione con Selena Gomez. Il brano é una ballad elettronica che abbraccia l’ RnB , probabilmente la traccia più naturale e sincera ascoltata finora, ci regala emozioni forti e immedesimarsi anche nel testo é facile, anche grazie alla straordinaria bravura di entrambi gli artisti.
Compare il marchio di fabrica dei Coldplay con la canzone: “Human Heart“, in collaborazione con i We Are Kings e Jacob Coller. Un brano a cappella, accompagnato solo da cori ed echi, per creare un’idea di spazio, come in contrasto tra la solitudine e l’ unione delle parti; un pezzo davvero toccante e ben fatto, genuino ma diretto, che abbraccia uno stile particolare e dannatamente adatto a ciò che si vuole ottenere, soprattutto se si vuole rimanere in tema “spazio”.
Nel vecchio stile, e il più atteso dai fan é: “People Of The Pride”; il rock riprende forma e rientra prepotentemente al centro dell’attenzione, donandoci una buona dose di adrenalina e di nostalgiadei primi Coldplay, che stanno dimostrando di sperimentare i generi al massimo, nel tentativo di evolversi come artisti più che cercare nuove strade. Ci staranno riuscendo? Non si sa, intanto questo pezzo, resta il più forte dell’album (nonostante sia stato scritto 10 anni fa, da Chris, al piano … tutt’altra storia rispetto alla versione finale).
E’ invece un grosso NO per “Biutyful”, un pezzo pop con sfumature anni 90, con un testo scontato e una distorsione vocale irritante, non richiesta, saltare il brano é così facile e anche istintivo. Sarebbe anche stato un buon pezzo… In mano ad una cantante pop di inizi anni 2000 però, non in mano ai Coldplay!
La svolta k-pop si conferma in “My Universe”, in collaborazione proprio con i BTS, il gruppo emblema del genere. C’é da dire che però il sottofondo funky rock che accompagna Chris é accattivante, regalando momenti più genuini per una traccia che altrimenti sarebbe di una semplicità disarmante …. Complimenti agli artisti che sono riusciti a risollevarsi e colorandolo al meglio! É anche vero che si tratta di una delle tracce più accattivanti e orecchiabili del progetto: farà saltare i palazzetti durante i prossimi concerti!
Lo stile si trascina poi anche in “Infinite Sign”, dove però si colora di suoni più tecno. Il brano starebbe benissimo come sottofondo di un videogioco per console, dato il beat decisamente alto e incalzante. In certi punti ricorda le parti strumentali di pezzi passati dei Coldplay, poco prima di essere raggiunti da cori in lontananza, unici vocals del pezzo, che si intensificano e ritornano in primo piano solo a fine traccia.
Ma eccoci già arrivati all’ultimo pezzo, nonché pezzo più interessante del disco. “Coloratura” é infatti il brano più lungo, con i suoi 10 minuti e 20 secondi di durata, scomposti in una jam che vuole riabbracciare tutti i temi e i sound adottati per il progetto, partendo come ballad al piano, raggiunta dai distorti suoni spaziali e dai cori che colorano meglio la voce di Chris. “Coloratura” si fa amare per la vasta gamma di suoni e stili che si concentrano nel pezzo, proprio come la materia e i gas che si fondono nello spazio per generare nuovi orizzonti e nuovi pianeti, stelle e nuova vita.
É difficile trovare un vero significato ad un brano che vuole essere così etereo ed aperto, quindi ci limiteremo a definirlo per come ci arriva: nel contesto di “Music Of The Spheres”, “Coloratura” é sicuramente il Big Bang.
Osservazioni finali? Non si può proprio dire che ci troviamo di fronte ad un album scadente, si vede che é un disco voluto, studiato e amato dai suoi stessi creatori, che nonostante abbiano stravolto ancora una volta il loro stile, dimostrano che preferiscono seguire una via da loro desiderata anzichè limitarsi a fare ciò che sanno fare meglio. E se “Biutyful” resta la nota dolente del disco, pezzi come “People Of The Pride”, “Coloratura” e “Human Heart”, saranno sanciti come tre dei migliori brani che la band abbia mai registrato.
Insomma, non sappiamo se “Music of The Spheres” sia una parentesi o una svolta radicale, la cosa certa é che non sarà mai paragonabile ad altro progetto.
A cura di : Gabriele Romano
Correzione a cura di: Valentina La Viola