Con uno stile inconfondibile e una vena rock che mai passa di moda, ritorna il mitico Lenny Kravitz. ‘’Blue Electric Light’’ è il titolo del suo decimo album di inediti, edito da BMG, la recensione.
Lenny Kravitz, che definire poliedrico sarebbe troppo riduttivo, è stato partorito negli studi casalinghi, nella sua casa alle Bahamas e vede l’unione di Kravitz con il suo collaboratore storico Craig Ross per creare Blue Electric Light, di cui a seguito la recensione.
Inizialmente previsto per marzo, l’album ha subito uno slittamento ed è arrivato a noi adesso, con al suo interno 12 nuove canzoni e i singoli che lo hanno anticipato, ‘’TK421’’, ‘’Human’’ e la nuovissima ‘’Paralyzed’’.
Nella copertina troviamo il cantante visto dall’alto, con il suo mitico giubbino in pelle, ed il tutto contornato da questo blu elettrico che, appunto, da il titolo all’album stesso.
Ma immergiamoci subito in questa atmosfera rock/elettronica e partiamo con l’ascolto.
‘’It’s Just Another Fine Day (In This Universe Of Love)’’ è un pezzo con un groove molto sensuale, nonostante inizi quasi in sordina.
Un monito per tutti coloro che credono che l’amore non muova il mondo… Lenny smentisce. Questo brano è un misto tra pop e underground, dove la chitarra si sente appena ma crea una certa armonia tra testo e melodia.
‘’TK421’’ è un chiaro riferimento a Star Wars, di cui il cantante è un gran patito. Questo sound a metá strada tra elettronico e bossanova, da un carattere deciso al pezzo, che suona come uno dei piú potenti dell’album stesso. Ci si scatena qui.
‘’Honey’’ è un dolce inframezzo, un brano delicato e mai banale. Ha un bel giro di chitarra che si affaccia giá dopo i primi minuti del brano, un ritornello gradevole e un bell’appeal; ma arriviamo a ‘’Paralyzed’’. Primo pezzo davvero ‘’rock’’ dell’album, ricorda i successi passati di Lenny… una batteria che domina il brano, voce un pó distorta, chitarra rombante. Alziamo l’asticella del gradimento.
‘’Human’’ è un brano che sembra arrivare direttamente dagli anni ’80: uno stile retró che si interseca con un pizzico di modernità, un messaggio forte che traspare anche dal video musicale…un umanità troppo presa da cose futili, che dovrebbe ricordarsi di vivere ed essere semplicemente ‘’umani’’
‘’Let It Ride’’ è un bel pezzo elettronico che ha un ritornello ripetitivo, ma voluto. Non brilla rispetto agli altri, ma offre una svolta nuova nel portfolio dell’artista. ‘’Stuck In The Middle’’ fa rallentare un pó il tutto… ci ritroviamo di nuovo ad ascoltare un pezzo che ha della sensualità al suo interno. Scorrevole, piacevole, ben strutturato. Uno di quei brani che non ti togli dalla testa facilmente.
‘’Bundle Of Joy’’ sembra quasi un intro di un videogioco: c’è del brio nella melodia, che mescola elettronica e pop. Un pó di spensieratezza che non guasta mai. ‘’Love Is My Religion’’ è l’ennesima dedica all’amore, in tutte le sue forme. Molto radiofonica, questa canzone ha quel gospel che ti trascina e ti fa scuotere fin dentro l’anima.
‘’Heaven’’ ha un bel basso potente giá ad apertura brano. Ci sentiamo davvero in paradiso? Direi che ci stiamo andando vicino. Questa emozione continua con ‘’Spirit In My Heart’’, brillante canzone adatta per accompagnarci attraverso un viaggio estivo, o semplicemente nei viali dei ricordi… giá, l’effetto nostalgia è sempre dietro l’angolo.
Concludiamo con la title track ‘’Blue Electric Light’’, ballad interessante e che mostra una timbrica quasi ‘’inedita’’ di Kravitz. Ancora una volta possiamo percepire la versatilità di un cantante che si reinventa e dona nuova vita alla sua musica ed al suo stile.
Polistrumentista, attore, produttore discografico, cantautore…tutto questo è Lenny Kravitz! Artista che dopo oltre 30 anni di carriera riesce ancora a partorire un album ricco di novità, che da uno sguardo alla modernità ma che resta pregno della sua solidità artistica.
Questo album è l’esempio lampante che il rock può mescolarsi ad altri generi, anche ai meno affini tra loro, e può creare un ponte tra il possibile e la realtà. Dopotutto, con Lenny siamo sempre pronti a ‘’volar via’’.
Marco Gruttaglia