L’incredibile talento di Aurora in “The Gods We Can Touch” | Recensione Music Voltage

“The Gods We Can Touch”, è il titolo del terzo album della cantante norvegese Aurora. “Giving In To The Love” e “Cure For Me” sono stati certamente i due singoli più apprezzati e passati in radio per anticipare l’arrivo del fatidico album, in arrivo 3 anni dopo il precedente, ma che ha comunque visto l’artista in perenne elaborazione dei suoi brani.


La cantante definisce l’album come freddo e buio, ma allo stesso tempo esprime se stessa e la sua personalità, e al contempo, ancora, ha qualcosa di “divino”; ognuna delle 15 tracce che  ha una divinità greca in particolare (ciò è più evidente nelle tracce Artemis e Blood In The Wine), come protagonista.

“Una cosa che mi ha sempre infastidita è l’idea che nasciamo inadeguati e, dovendo ritenerci degni, sopprimiamo le forze dentro di noi che ci rendono umani. Sarebbe bello se potessimo trovare questo potere divino in noi stessi, anche rimanendo sedotti dalle meraviglie del mondo. Penso che sia questo che mi intriga delle divinità greche: perfettamente imperfetti”

Aurora sul suo nuovo album The Gods We Can Touch, Fonte Discoteca Laziale
Aurora

Dopo la breve intro di The Fruits of Eden si passa subito al singolo Everything Matters in collaborazione con Pomme. Una canzone acustica, con influenze folk country, che fanno pensare subito agli inni norreni ed alla musica celtica, con una spruzzatina di pop e urban, che rendono il pezzo più moderno. Un brano cupo, ma non per questo brutto, anzi la composizione semplice, con chitarre e pochi altri strumenti, avvicinati alla straordinaria voce di Aurora che impreziosisce il tutto, lo rendono molto piacevole.

Giving In To The Love è invece stato uno dei singoli che ha rilanciato Aurora nel mondo della musica e in particolare nello showbiz, rendendola più popolare agli amanti della musica. Un brano dalle sfumature più indie che folk, che si basa su una voce parecchio chiara, che “esagera” nel ritornello, con una voce volutamente da bambina. Se ne percepisce molto l’accento nordico e la sua influenza musicale, che, insieme all’orecchiabilità del brano, rende “Giving Into The Love” un momento piacevole.


E come non parlare di Cure For Me? Un’esaltazione ad essere se stessi, ad essere forti, caparbi e indipendenti. Frizzante, energico, diverso dalle tracce precedenti anche grazie al suo stile più elettronico, ma mai scontato.

Estremamente piacevole e resta fisso nella testa per molto tempo, e proprio questo è un lato un po’ giocoso, ancora inedito per il disco – e lo sarà ancora per un po’ – farà spiccare il pezzo tra tutti.


You Keep Me Crawling invece è una bellissima canzone che ritorna sulle atmosfere indie. All’inizio l’accento di Aurora rende quasi difficile capire che la lingua è l’inglese, per poi scandirsi, spiccando molto più forte in un ritornello, perfettamente in linea col soul bianco del brano. Genere e stile che si protrae per il resto della traccia. Elegante, romantica, eterea …Magnifica scoperta! Senza parlare della voce spettacolare e dannatamente piacevole.


Il prossimo brano, Exist For Love, ci apre alle sfumature più acustiche del disco. Più chitarra che ritmo, ma anche più voce e sentimento. Le note sono tra le più alte sentite finora … Non che prima fossero così basse! La voce di Aurora in questa canzone sembra davvero quella di una ninfa: alta ed eterea, dolce ma forte, delicata ma estremamente toccante. Finalmente un’artista che crea un mondo non solo a parole!


Quando inizia Heathens, ero già pronto a dire “ecco la traccia blanda del disco”, invece, mi son dovuto ricredere! Nonostante l’inizio che ’ sembrava una scopiazzatura delle altre canzoni, il ritornello si lancia in una sorta di indie folk, talmente marcato e veloce da influenzare tutto il resto del brano. E proprio quando sembra che la canzone non possa lanciarsi oltre, il bridge ricambia le carte in tavola lanciandosi in una confusionaria rapsodia di strumenti e suoni che donano al pezzo un tocco di epicità.


A riprendere piacevolmente la tela stesa da Cure For Me, ci pensa The Innocent, un pezzo più urban, contraddistinto da uno stile anni 80 non indifferente. Ci sarebbero almeno tre sue colleghe che farebbero a pugni per un pezzo del genere, ma stento a credere che qualcuna di loro riuscirebbe a starle al passo. Si avverte anche una sfumatura leggermente funky, che regala a noi amanti delle canzoni movimentate e scatenate un momento unico. E che dire del finale? WOW!


Si riaprono le sfumature indie, ma con un colpo di elettronica in A Temporary High. I beat anni ’80 qui si fanno protagonisti ballando ferocemente, mentre Aurora si lancia nel regalarci una più grande mostra delle sue capacità vocali, anche se devo ammettere che questo brano non mi attira come i precedenti. Il ritornello ha una buona inventiva, ma questo stile di cantato adottato nel brano non incontra il mio gusto, così come gli effetti un po’ eccessivi che appannano la voce di Aurora invece che valorizzarla.


La possiamo perdonare per questa piccola gaffe? Certo che si! Anzi, sarà proprio lei a farsi perdonare con il prossimo pezzo Exhale, Inhale; un brano quasi totalmente a cappella, accompagnato solo da cori e leggeri beat urban, che mai disturbano nonostante non diano note specifiche e, al contrario, sembrano andare in una direzione differente da quella di Aurora e delle coriste, senza tuttavia creare confusione, ma un piacevole stato etereo.


Si ritorna all’acustico e allo stile celtic pop delle prime canzoni con A Dangerous Thing, con un tono non proprio così dolce però. Il pezzo è più scuro, quasi richiama uno scontro balístico , o comunque una situazione di astio tra due parti: due parti tuttavia legate anche dall’amore e dalla passione. Resta comunque uno dei pezzi più scuri e misteriosi dell’album, difficile da inquadrare con esattezza poiché il suo suono ti lascia con un senso di malinconia. Bella? Decisamente si!

Aurora 2


Anche Artemis è quel tipo di canzone che inizia in un certo modo e finisce in un altro. L’inizio da un’idea di una traccia ancora urban folk, mischiata con del celtic pop, che caratterizza l’album, e invece il ritornello …
Una FISARMONICA?? Una sfumatura di TANGO??? In un album INDIE FOLK??
E’ così strano che non riesco nemmeno a capire se mi piaccia o no. Da un lato trovo che sia un’idea originale e che dia carattere al pezzo, facendolo spiccare, oltre il fatto che la fisarmonica compare anche in altri pezzi, ma non prendeva mai questa direzione così esplicita, mi piace l’idea che sia sperimentale, che non si fermi e che ogni traccia stupisca a modo suo;d’altro canto la trovo un’esagerazione … Troppo ! Ok che una canzone che parli di una dea come Artemide dovrebbe insinuare una svolta più esotica e sensuale, ma questa fisarmonica in un disco del genere mi sembra alquanto dissonante. Infatti l’album è prettamente Indie Folk, troppe sfumature rischiano di rovinare il lavoro!


Ma ecco che a rimettere ordine ci pensa Blood In The Wine, che pizzica un po’ lo stile di A Dangerous Thing, ma da un altro punto. Un indie folk aggressivo, forte, ma più acceso, più solare;giunge come un’ode alla libertà, al sentirsi liberi e intraprendenti. La vocalità di Aurora nel pezzo è strabiliante, con falsetti articolati e note dannatamente ben scandite dalla chitarra in sottofondo. Le percussioni e il ritmo, fanno pensare un attimo ad una collaborazione tra i due stili adottati dalla cantante, ma è solo il genere principale a regalarci questo vibe.
Personalmente, non apprezzo molto la traccia This could Be A Dream. Effettivamente anche questa è una bella canzone; una ballad più dolce e più spensierata, oserei dire romantica e indirizzata al pubblico più giovane, rispetto alle altre tracce è troppo zuccherina e calma, oltre ad essere decisamente più lunga. E’ molto bella, su questo non ci piove assolutamente, ma se paragonata con il resto dell’album risulta insipida. Ci voleva? Diciamo che “ci sta!”


Si conclude l’album con A Little Pace Called The Moon. La sua posizione migliore sarebbe stata come intro dell’album, piuttosto che come outro, magari accorciandola un po’: 3 minuti di “uuuuuh” per quanto belli, spettacolari e assolutamente travolgenti, hanno una durata troppo elevata. La canzone rende comunque parecchia giustizia ad un album FENOMENALE e ricco di sorprese e di piacevoli chicche.


Aurora é la mia rivelazione dell’anno. Poliedrica, voce fantastica, ottimo carisma e creatività; ce ne ha messo per venire allo scoperto. Ha realizzato 2 album e diversi EP prima di raggiungere il successo, ma al posto di demoralizzarsi come molti artisti, anche con esperienze maggiori rispetto alla sua, che al primo lavoro che “non rispetta le aspettative” fissano il microfono al chiodo, lei ne ha approfittato per perfezionarsi, rifarsi un immagine, reinventarsi e reinventare.


E ha poco più di vent’anni!
Prendete esempio!

Gabriele Romano

Correzione a cura di Valentina La Viola