Machine Gun Kelly: Mainstream Sellout | Recensione

Machine Gun Kelly presenta il suo nuovo album: Mainstream Sellout! Ecco a voi la nostra recensione.


Con Mainstream Sellout, Machine Gun Kelly (di seguito la recensione) ci presenta il suo sesto album, anticipato dai fortunati singoli Papercuts, Emo Girl e la più fresca Ay! in collaborazione con Lil Wayne. Ma Lil Wayne non è il solo a prendere parte al progetto, pubblicato dalla Bad Boy Records,
infatti nel disco troveremo anche Bring Me The Horizon, Willow, Blackbear, Iann Dior e un quartetto con
Gunna, Young Thug e Landon Barker.

machine gun kelly mainstream sellout recensione


C’è da dire che il pop punk sta ritornando ad essere una soluzione molto accattivante da parte degli artisti
pop-rock, e la mano di Travis Barker alla produzione aiuta molto. Certo, le regole sono cambiate: tracce più
brevi ma intense, più brani all’interno dei dischi e un visual effect più elaborato, con colori sgargianti ed
eccentrici, alla facciaccia dei classici nero e rosso!
Così, con sedici tracce, tra le quali la più lunga sfiora i 4 minuti, e la più corta 32 secondi, andiamo ad
analizzare Mainstream Sellout.


Una batteria confusa apre Born With Horns … E a metà canzone si capisce che non è l’unica cosa confusa: il
pezzo parte veloce e frastornato, come le barre di in rapper inferocito, continua in un ritornello rimbombante, per poi continuare in una seconda strofa così lenta che sembra essere un altro pezzo: scelta non adatta.

Un urlo ci salva e ricominciano le schitarrate pesanti, in completo stile punk, che ripetendo il
ritornello concludono la canzone in bellezza … Non certo lo stesso modo in cui era partita.
Con l’inizio di God Save Me mi chiedo: ma perché MGK continua a cantare sempre gli stessi accordi in ogni
canzone?Tralascio e mi godo il pezzo. Un pezzo confuso ma più incalzante e orecchiabile, una voce
piacevolmente sporca e pochi ma essenziali strumenti in sottofondo. E’ comunque musica punk, deve
infrangere gli schemi e non seguire le regole, ma troppi … Troppi cambiamenti confondono lo spettatore, e
al momento ce ne sono più che troppi! In compenso le schitarrate e la voce rauca e leggermente stonata
del cantante sono in qualche modo piacevoli, e questo l’artista lo sa: ecco perché chiude i pezzi nello stesso
modo del precedente brano.


Forse i Bring Me The Horizon, che compaiono in Maybe salveranno la situazione? Si! Ci riescono!
Un brano moderno che si apre come una ballad per continuare verso un vero e proprio pop-punk, stile fine
anni ’90 e inizio anni 2000, con tanto di scream nel bridge e urli al confine col metal. Un ritmo incalzante e
piacevole, catchy e orecchiabile. In un concerto o in una serata in stile punk non passerebbe inosservata.


Stesso vibe emana drug dealer, cantata con un accento strano e un ritmo incalzante e potente, soprattutto
nel ritornello, ma nulla di così originale. Magari funziona nel disco, con la sua anima più soft e urban e con
la iconica voce di Lil Wayne, ma in una playlist di differenti canzoni risulterebbe troppo umida per spiccare.
Saltiamo l’interlude parlato di wall of fame, che altro non fa che annunciare la title track mainstream
sellout. Finalmente ci siamo. Un ritmo fresco, classico e orecchiabile. Ok, l’originalità è ancora a farsi
benedire, ma quantomeno è un pezzo di qualità, punk all’estremo con questa violenta batteria e chitarra
elettrica, che fanno cantare il pezzo dall’inizio alla fine (e non che ci sia una vera fine, dato che il pezzo dura
giusto un minuto e 47 secondi) piccola pecca, ma il mondo streaming non accetta brani troppo lunghi.


E’ più orientato al pop-rock: make up sex, in collaborazione con blackbear. Suona un brano forte all’inizio,
sfrontato ed eclettico, ma non si fa in tempo a dire “mi piace”, che si ricade in un giro di accordi scontato e
banale, trito e ritrito, tipo carne da wurstel: buona per il sapore, ma non il top per qualità.

Andiamo avanti ed ascoltiamo il fortunato singolo emo girl con Willow, e dai due ci si aspetta molto.In
effetti in questo pezzo ci stanno molto bene. La voce di Willow è straordinaria ed aggiunge il giusto pepe al
pezzo. Una canzone che suona così dannatamente bene dall’inizio alla fine, con degli strumenti complessi e
imprevedibili, agguerriti e passionali, punk e romantici, affamati e divertenti. Questo è il tipo di traccia che
dovrebbe prevalere in un album simile!


Bene anche per 5150, un pezzo che fa bene il suo lavoro: intrattiene, è travolgente e scatenato, con una
puntina di elettro, che rende il momento piacevole. Ancora nulla di originale, ricorda qualche ultima
canzone dei Green Day, ma se si tralascia questo, si tratta di un pezzo ben riuscito, al passo con il brano
precedente. Un brano ottimo per muoversi e scatenarsi, consigliato nelle playlist da running o da workout.
Continuiamo allora con papercuts e la sua meravigliosa intro acustica. Un inizio pazzesco, la voce di MGK si
sposa molto bene con la musica acustica, ma il suo cuore vuole il punk, così più ci avviciniamo al ritornello,
quando i suoni si fanno più pesanti e intensi. Il brano suona bene, tutto sommato, ma la voce non è
perfetta, si nota qualche stonatura qui e li, che non rende la canzone estremamente piacevole. Ma
ricordandoci che siamo in ambiente rap-punk con una puntina di ballad, tutto è concesso e va bene così.
Molto bello il finale distorto invece.


E’ breve WW4 : poco più di un minuto, ma abbastanza intenso. Le chitarre, la voce, la batteria, la rabbia, la
rendono un momento piacevole del disco. Divertente proprio come a fine del pezzo lo stesso artista
esordisce parlando e dicendo:

“si questa doveva essere una canzone dell’album, ma non sapevo che altro cantare”.

E dopo questa gli si perdona tutto.


Ed eccoci arrivati al capostipite dell’album, una delle canzoni più famose che ascolteremo: Ay! In
collaborazione con Lil’ Wayne. Qui il punk si mette da parte, lasciando totalmente spazio al rap e al trap,
con una punta urban che accompagna il pezzo. Un sound più morbido e diverso dalle altre tracce,
sicuramente creato per spezzare, ma risulta impassibile se messo a confronto con altre canzoni.


Ci rimettiamo in carreggiata con fake love don’t last, e si ritorna in pieno stile Machine Gun Kelly. Le sue
tastiere, le sue chitarre, la sua batteria e … Il suo solito giro di cantato che ritorna a farsi sentire
pesantemente. Qui ancora una volta non canta da solo, ma facciamo la conoscenza di Iann Dior. Più che
punk, dal ritornello in poi si entra in un vortice di pop anni ’90 che diventa piacevole accompagnando bene
la traccia, seppure bisogna cercare di non analizzare la canzone fino in fondo per poterla apprezzare.


Die in california, comincia ancora una volta con una strumentazione acustica per poi lasciarsi andare in uno
stile più pop-rap, sarà anche perché è accompagnato da altri tre artisti: i già citati Gunna, Young Thug e
Landon Barker; proprio per questa collaborazione è un pezzo dalla durata maggiore. Una traccia radiofonica
molto carina, colpirà sicuramente le generazioni più nuove e le nostalgiche degli anni ’90, e poi MGK,
ripetiamo, si destreggia bene nell’ambito più acustico.
E che dire di sid & nancy? Sicuramente uno dei pezzi meglio riusciti del disco. E’ la direzione che l’album
vuole prendere, punk al punto giusto, rap al punto giusto, pop al punto giusto. E’ scatenato ma dolce,
aggressivo ma emotivamente indeciso, pieno di sentimento nel testo e ciò si riversa anche nella parte
strumentale. Funziona così bene che saltarla è uno spreco, i cori alla fine rendono tutto ancora più eclettico
come lo (SPOILER) sparo alla fine!

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E arriviamo così all’ultima traccia del disco: twin flame,anche la più lunga. Un brano totalmente acustico
accompagnato solo dalla chitarra, doppie voci e piano, che giunge più tardi. Una bellissima ballad invasa a
metà da una leggera atmosfera tecno che rende tutto più piacevole. E’ come dire: il meglio che arriva alla
fine, un piccolo gioiellino che si tramuta poi in un rock frenetico che si sposa bene con tutta la traccia.


Insomma, un voto finale per Mainstream Sellout è un 7 pieno. Di certo non è la cosa più brillante che
ascolteremo in questo 2022, ma vale la pena ascoltarlo; per quanto molte tracce potranno risultare
monotone e ripetitive, o addirittura di poco rilievo. Tante collaborazioni in questo caso hanno reso il disco
più fluido e prezioso, ma la mancanza di una “sostanza” non è data solo dalle tracce brevi (notare Love Sux
prodotto anch’esso da Travis Barker e con tracce corte ma comunque di spessore) ma anche dal fatto che
queste canzoni sembrano tutta una bozza dell’idea originale, senza ulteriore sviluppo.


In parole povere, orecchiabile, si, ma si farà ascoltare per intero al massimo quelle 4 o 5 volte.
In caso invece lo trovaste un prodotto di rilievo, vi informiamo che Machine Gun Kelly sarà in concerto in
Italia a Milano il 27 settembre 2022, qui per altre info.


Gabriele Romano

Correzione a cura di Valentina La Viola