Marina: Ancient Dreams in a Modern Land | Recensione Music Voltage

 Vibrante, camaleontica e fuori dagli schemi, Marina Diamandis, è pronta a darci una sferzata di aria nuova con il suo nuovo album Ancient Dreams in a Modern Land.

Frangetta squadrata, vestita con un body turchese in copertina, Marina vuole avvolgerci nel suo onirico mondo con uno sguardo deciso e sicuro. Aveva in qualche modo annunciato l’album già due anni fa, dopo aver rilasciato la versione acustica di Love+Fear  e dopo aver pubblicato  la colonna sonora About Love per il film To all the Boys: P.S. I Still Love You.

Ma quello era all’epoca, dove Marina ancora stava per sbocciare, adesso sembra più sicura di sé e del percorso che sta intraprendendo, una strada più certa, una strada fatta apposta per lei. Tratta all’interno di esso temi pressoché politici, come il razzismo, la misoginia e il capitalismo, e a volte anche tutti e tre insieme, come avviene in Purge The Poison, oppure loda la sua libertà e la sua indipendenza, sia intesa come donna, che come artista.

Ma andiamo per gradi …

Marina

L’album si apre proprio con la title-track, secondo singolo estratto dall’album, un intro di altri tempi, ipnotico e che unisce rock n’ roll ad atmosfere più elettropop. Quest’ultimo in particolare risalta nel ritornello, quando la cantante si lascia andare in una performance di falsetto unica. E’ tutto travolgente, come un vortice, la melodia … il testo … la voce … non lascia via di spazio ad altri pensieri: bisogna rimanere concentrati sul disco!

Un mantra e qualche accordo di pianoforte, e il nuovo singolo Venus Fly Trap parte, con un motto azzeccatissimo “Qualsiasi cosa dai, la vita te la ritorna”.

Un canto che in certi versi sembra più affine ad un opera che ad un album elettro-rock, ma in qualche modo funziona benissimo, in quanto anche la traccia stessa non sembra andare in una sola direzione fissa. Ma ciò non vuole intendere che Marina non sappia dove andare; anzi è determinata più che mai ad essere se stessa, cantando “Nulla in questo mondo mi cambierà”.

Un atmosfera più naturale, ci accoglie in Man’s World e se vogliamo, anche più triste. Marina crea una marcia al femminismo di travolgente bellezza e spontaneità. “bruciando sul rogo, pensavi fossi una strega secoli fa, ora mi chiami solo p****na. Madre natura muore, nessuno ci guadagna, non voglio vivere più in un mondo per uomini” Le struggenti parole si articolano per tutto il testo, mostrando la cantante come un fiore che sente di appassire di fronte all’ “inquinamento” di un mondo ingiusto verso le donne. “Non punirmi perché non sono un uomo” recita ancora nella seconda parte del brano, incitando l’ascoltatore a capire che le donne hanno diritto alla stessa vita degli uomini.

Si apre in maniera un po’ più aggressiva la già sopraccitata Purge The Poison, un vero e proprio inno anti capitalista, dove si ripercorrono gli anni passati e si fa un paragone con quelli attuali, e come tutto sembri più leggero e passeggero. “Il mondo che conosciamo appartiene al passato” incita, si lamenta della regione politica in cui vive dove “solo un quarto del governo è formato da donne”. Si lamenta di come le donne prima vengano stimate per la loro bellezza e poi per le loro capacità. Ma sfida anche il sistema a metterle alla prova,

Veniamo adesso alle tracce che sono state appena rilasciate, e con Highly Emotional People, un piano malinconico inizia il brano, raggiunto poi da una altrettanto malinconica Marina, che canta come una sirena in questo brano particolarmente acustico. Un brano toccante e molto attuale, in una società che ormai ci vuole forti e feroci. Ci dimentichiamo che è giusto e umano esprimere le proprie emozioni; va bene essere tristi, va bene piangere, perché se non gestiamo le nostre emozioni, esse ci mangeranno la vita – facendo riferimento ai molteplici casi di suicidi avvenuti negli ultimi anni -. Un minimo spazio di silenzio a fine brano, rende tutto più drammatico.

Bando ai lacrimoni, si riparte con un ritmo incalzante e in pieno stile Marina, con New America. Una voce leggera e in falsetto in certi versi, cavalca le melodie che riprendono perfettamente l’atmosfera baroque pop tipica del genere. Un cantato che ancora una volta sembra uscito da un’opera, e un movimento veloce e frenetico, come una prorompente riconquista. La cantante ha dichiarato a Vogue, che ha iniziato a scrivere il brano il giorno dopo che ha saputo dell’assassinio di George Floyd a Minneapolis per mano di un poliziotto.

“Dovremmo cercare di conoscere nel dettaglio i nostri problemi, piuttosto che far finta che non esistano”

Marina per Vogue

E infatti, è proprio di questo che parla il brano: affrontare le problematiche, per una società, dovrebbe essere in prima linea tra gli obiettivi, piuttosto che nascondersi dietro grandi successi che fanno intendere felicità e benestare, ma che poi si rivelano drammaticamente illusori.

Fa di nuovo introspezione in Pandora’s Box che segue un po’ le linee marcate in “Highly Emotional People”, almeno per quanto riguarda la struttura musicale e per il testo, che però non risulta ripetitivo, anzi: in un album che parla più di ribellione e affronta temi sociali delicati, un po’ di introspezione fa sempre piacere. Infatti in questo brano, la lotta è nella mente della cantante stessa, ferita dalle azioni compiute da qualcuno a cui teneva, e che di conseguenza, tira fuori il lato peggiore di lei. Un lato che la fa soffrire a sua volta. “Hai aperto la scatola di Pandora, non sai cosa hai sbloccato” recita “Ho perso il controllo, lasciato andare i miei pensieri oscuri, perché vedo la verità quando siamo in guerra contro le avversità, e prego che la speranza non sia persa”.

Ma ecco che il momento di sconforto scompare con I Love You But I Love You More, una sorta di rinascita dalla canzone precedente, dove la cantante capisce di chi è davvero la colpa per essersi sentita abbandonata. Riprende in mano la sua strada e la marcia come una grande parata da lei capitanata. Si muove perfettamente negli accordi, dando allo spettatore una vera prova di forza e determinazione, con una voce secca e decisa. Capisce che il solo modo di amare, e di amare bene, è iniziando a valorizzare se stessa.

Una bellissima ballad acustica ci guida verso la fine dell’album con Flowers. Il brano è totalmente composto da piano e voci, lasciando chitarre e sintetizzatori alle altre tracce. Il brano parla di una Marina che è costretta a lasciarsi alle spalle una relazione che non le fa bene, e per quanto sia innamorata, non può fare altro che il bene per entrambi.

Si perché lei ci tiene, il suo partner però non le da la soddisfazione che merita, proponendo invece di un sano amore, solo problemi e perplessità. “Con ogni azione priva di cura, mi hai lasciato andar via, se mi avessi comprato dei fiori forse sarei rimasta. Non pensavi fossi seria e ti sei sentito così al sicuro, se mi avessi comprato dei fiori, forse sarei rimasta”.

Chiude l’album Goodbye , la traccia più lunga dell’album. Il brano si presenta all’inizio come una ripresa delle ballad precedenti, per poi crescere e dimostrare maestria nel ritornello. La canzone è una dedica a se stessa, la se stessa del passato a cui dice addio per far spazio a una nuova versione di Marina, migliore e trasformata in qualcosa di meglio, senza però dimenticare di ringraziarsi per tutte le lezioni che ha imparato e i traguardi raggiunti. Si chiama addirittura “amica” e si spinge nel ricordare anche i bei momenti trascorsi, tralasciando, per una volta, quelli tristi.

Un album forte, sia a livello musicale che a livello emotivo. Coinvolge e abbraccia lo spettatore, coccolandolo in certi momenti e spronandolo in altri, alla ricerca del creare un mondo migliore. Era da un po’ che si sentiva la necessità di un disco simile, un disco che andasse contro le apparenze e che facesse uscire l’inconscio al nostro interno. Ci troviamo di fronte, al momento, all’album più riuscito di questo 2021.

Gabriele Romano

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