OneRepublic: “Human” | Recensione Music Voltage

“Human”, il quinto album in studio dei OneRepublic, è sicuramente l’album più atteso della band. Non solo per l’hype o per la qualità, ma proprio perché il suo processo creativo e la pandemia, non hanno reso facile la sua pubblicazione, avvenuta almeno tre anni dopo il suo concepimento.


E se si considera che il frontman resta ancora Ryan Tedder, che oltre ad essere un fantastico musicista è
anche un ardito produttore e compositore di musica pop d’oltreoceano, una speranza in più, questo album
ce l’ha.

OneRepublic
fonte: spettacolo.eu


Posticipato di ben 15 mesi, con sei singoli che hanno fatto strage di dischi di platino e oro, che hanno stracciato
le classifiche e con addirittura una collaborazione made in Italy con i Negramaro, finalmente Human è
pronto a farsi mostrare in tutta la sua gloria. Riuscirà però a rapirci il cuore?


L’album si apre con i fischietti iconici di Run, ultimo singolo estratto e che ha conquistato le classifiche di mezza Europa, in un tripudio di elettronica, pop con una spruzzatina di country elettronico che rende il brano ancora più accattivante. E’ evidente che già nel momento del suo compimento, questa canzone fosse destinata a diventare un singolo.

Estremamente accattivante sin dal primo ascolto, ed esegue il suo lavoro da “brano trainante” alla perfezione, ma sappiamo che all’interno del disco troveremo gemme dal fascino più intenso.


Sempre elettronica, ma più cupa – almeno nel lato strumentale – é Distance, che nel suo mix di
elettronica e rock, genera dei vocals limpidi e curati, esplodendo in un meraviglioso falsetto nel ritornello.
Un brano curato nei minimi dettagli, con una base e una produzione degna del gruppo, una di quelle
canzoni che non si sa se ti faranno scuotere la testa in avanti e indietro, o ti faranno ondeggiare le braccia
con un accendino in mano ai concerti. L’unica pecca? La durata. Va tutto bene, ma un assolo del genere,
meritava davvero più spazio.


E si arriva finalmente al nuovo singolo, fresco di uscita Someday. Ci dimentichiamo quasi totalmente delle sfumature elettroniche – che arrivano solo a fine ritornello – e ci godiamo una uptempo acustica, che si concede giusto qualche colpo di tamburo. Una canzone che sicuramente da ispirazione ed è un ottimo intermezzo tra chi vorrebbe godersi una buona ballad che tiri fuori la potenza vocale, senza rinunciare a una strumentazione potente. E’ incredibile come in certi punti, alcuni accordi ricordino la storica e
intramontabile Apologize.


E si arriva così a Didn’t I, quarto singolo estratto dall’album, scritto da Ryan Tedder, Kygo e Brent Kutzle
ed uscito il 13 marzo 2020. Questo pezzo segue la scia del precedente, ma con un tempo più lento e una
musicalità più scura, lasciando spazio a sicuramente più strumenti, tra i quali risaltano i violini e sicuramente i vocals, che danzano nel testo con armonizzi e vocalizzi esemplari, senza mai far perdere d’intensità l’interpretazione. Un pezzo molto buono, ma non risalta rispetto ai precedenti; conquisterà
invece gli amanti del genere pop puro.


Si continua poi con Rescue Me, una canzone che non ha bisogno di tante presentazioni dato che ha sconvolto tutte le classifiche del mondo per il suo vibe catchy ed estremamente estivo. Un ottimo mix di elettronica e pop che non sfocia in qualcosa di “tamarro”, ma resta elegante ed orecchiabile per tutto il tempo. E’ un’ ottimo pezzo, e non è così difficile capire perché abbia conquistato il cuore di tutti, tuttavia è vero che gioca delle “carte facili” e la breve durata – poco più di due minuti e mezzo – non da al brano l’esatta giustizia che merita. Resta però al momento una delle migliori tracce.


Si continua poi con Saviour, una canzone che farebbe molta gola a Taylor Swift, ed effettivamente in certi
punti ricorda molto il suo stile. La canzone è una ballad elettronica, ricordando le prime tracce dell’album, ma per qualche strano motivo non conquista allo stesso modo, rimanendo emotivamente e musicalmente
alto in particolar modo nel bridge e poco prima della fine non tanto attesa del brano. Anche qui come per le
precedenti siamo di fronte a un brano che ha molto potenziale, ma sembra tutto concentrato in quei pochi
minuti che non lo fanno esprimere come si dovrebbe.


Sembra quasi non fermarsi il brano quando inizia Take Care Of You, che scorrendo si presenta come un brano in pieno stile 2012- 2013, ricordando le primavere e le estati di quei fantastici anni, trainati da ottima musica, e dove proprio questo genere ha visto la maggior fioritura. E’ un brano di ottima fattura e conquista a pieno con il suo testo e la sua musicalità. La voce, nonostante i volontari effetti, si presenta sempresublime e resta protagonista dell’album, colorandolo egregiamente. E’ triste però sapere che nella standard
edition, questo è il brano più lungo e dura solo 3:48 .


E comunque, da quei pochi secondi in più si nota che il brano ha potuto mostrare appieno la sua bellezza …

Si cambia totalmente registro, e ironicamente, anche testo. Infatti, mentre nei precedenti brani si trattavano dichiarazioni d’amore in Forgot About You, il cantante si libera di una relazione tossica che ha vissuto, riprendendosi in mano la sua vita. Anche musicalmente si cambia, dandoci sfumature più RnB e
urban, senza però abbandonare quella firma elettronica e acustica che ci accompagna sin dall’inizio del
brano. Un pezzo di ottima fattura.


Somebody To Love può far partire un po’ prevenuti, pensando che sia l’ennesima canzone pop strappalacrime, delicata e localmente “moscia”. E invece conquista subito con i suoi armonizzi e la straordinaria esibizione che mai annoia ma trascina lo spettatore all’interno del terzo singolo, che tra qualche giorno compierà già 2 anni dalla pubblicazione.

OneRepublic 2


E si giunge così a secondo singolo estratto Wanted, uscito anch’esso quasi due anni fa e scritto da Ryan Tedder, Brent Kutzle, Tyler Spry e Casey Smith. Il brano inizia in maniera più semplice dei precedenti, con pochi strumenti e una voce che costituisce l’ottanta percento del brano, per poi lasciarsi andare nel ritornello senza tuttavia esplodere del tutto. Un po’ azzardato come singolo, probabilmente estrattoquando l’album non era ancora pronto del tutto, poiché non risalta particolarmente rispetto ad altri brani.


Inizia allo stesso modo anche Take It Out On Me, però su una base più triste e dolce allo stesso tempo,accompagnata da piano e leggeri synth. Si potrebbe definire come la vera e propria ballad dell’album. Un
vero e proprio lento dove la voce risuona al massimo e gli strumenti sono un ottimo contorno ad essa.
Brano di buona fattura ma indovinate un po’? Solo 2 minuti e 27 secondi di durata …


E finisce la versione standard con Better Days, la vera e propria hit di questo album. Un brano che ha conquistato il cuore di fan e non, una canzone che ha stravolto le classifiche mondiali per il suo sound e
inevitabilmente ,per il testo incoraggiante a superare le forti crisi della vita – all’epoca del rilascio, la
pandemia -. Il brano è uno dei pezzi più forti e sicuramente resterà nella storia dei singoli rilasciati l’anno
scorso per la sua prova di maestria in tutti i campi, siano essi di produzione, che musicali che vocali, ma più
di tutti, spicca l’interpretazione.


Tra le bonus track troviamo Wild Life , una canzone diversa da quelle ascoltate prima, più “eterea” se vogliamo, con synth delicati e voce soffusa che si accende feroce nel bridge, ricordando vagamente qualche grande successo dei colleghi Coldplay, alla quale sicuramente si saranno ispirati. Il brano continua su questa scia, aggiungendo poi chitarra, batteria e una puntina di keytar che non fa mai male. Siamo anche finalmente di fronte ad un brano lungo – 4 minuti e mezzo – e si nota che finalmente il gruppo può far notare il proprio vero talento e la propria vena artistica.

Ma la canzone più lunga dell’album è Ships + Tides, una ballad vecchio stampo, semplice ed efficace, con
veri e propri strumenti quindi via i synth! I bellissimi violini e il piano ci accompagnano verso quella che
potremmo definire essere la miglior canzone dell’intero disco. Se poi ci si aggiunge un testo meraviglioso e
poetico, i OneRepublic non possono non prendere un voto alto solo per questo brano.


Tralasciando le versioni acustiche di” Someday” e “Run”, ci ritroviamo di fronte a Lose Somebody, un brano che non spicca particolarmente onestamente, ma si mantiene nel suo, restando un ottimo pezzo ma sin troppo sentito. In certi momenti il pezzo ricorda le ballad di Ed Sheeran e ancora una volta qualcosa dei Coldplay, non facendo trasparire pienamente la bellezza dello stile dei OneRepublic.


E per concludere in bellezza, noi fan italiani non potevamo chiedere di meglio! Uno dei più grandi gruppi
internazionali in duetto con uno dei migliori gruppi italiani: i Negramaro!


Un meraviglioso pezzo italo-americano che ci porteremo avanti nella storia come inno contro il Covid e della
forza del’umanità anche dietro le grandi avversità della vita. E’ impossibile non farsi scendere una lacrimuccia all’ascoltare il pezzo.


Tirando le somme: Human è un meraviglioso album che viene purtroppo soffocato: i testi e le produzioni sono eccezionali, così come il talento del gruppo. Ma troppe correnti artistiche esterne hanno influito, facendo si che l’album non risulti molto originale, ma non si può negare che nonostante ciò, sia un gustoso frutto dell’era musicale che stiamo vivendo.


La vera pecca è invece la lunghezza delle canzoni, alcune a carponi arrivano a toccare i due minuti e mezzo,
lasciando lo spettatore con l’amaro alla bocca per un pezzo, che sarebbe stato molto meglio continuare a
suonare.


E va bene, andremo di loop!


Recensione di Gabriele Romano

Correzione a Cura di Valentina La Viola

Fonte immagine in evidenza spettacolnew.com