The Rasmus: Rise | Recensione

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Dalla Finlandia con furore tornano i The Rasmus. Quasi 20 anni son passati dal loro tormentone “In The Shadows”, che abbiamo cantato a squarciagola, e adesso è il momento del loro decimo album dal titolo “Rise”, edito da Playground Music Scandinavia, la recensione.


Questo nuovo progetto arriva dopo ben 5 anni di silenzio , la dipartita del fondatore del chitarrista Pauli Rantasalmi e dopo il rilascio di due pezzi, usciti nel 2021, dal titolo Bones e Venomous Moon, esclusi poi dalla tracklist finale del disco.
Poi l’Eurovision Song Contest 2022, dove la band ha presentato Jezebel, piazzandosi al settimo posto in classifica ed infiammando il palco con un’esibizione esplosiva. E proprio questo pezzo è il primo singolo estratto, a cui hanno fatto seguito Rise e il nuovo singolo Live And Never Die.


Dieci nuovi pezzi che compongono l’album; entriamo nel dettaglio immediatamente, partendo dal nuovissimo singolo.
Un pezzo pop/rock, morbido ma tagliente, che si preannuncia una hit a mani basse. Grintosa, il perfetto stile band. Un bell’inizio, promosso a pieni voti.
La title track Rise ha uno stile più “duro”, e lo sentiamo dalle chitarre martellanti, inframezzate dai violini che creano un mix rock e onirico. Il ritornello è la parte focale del pezzo, un inno a non abbattersi mai e vivere sempre al massimo le proprie aspettative.


Fireflies è un brano che sta a metà strada tra un pezzo pop e un pezzo contaminato dal rock.
Monocorde, in alcuni punti con delle distorsioni, strizza l’occhio ad un suono che diventa elettronico. Carino tutto sommato, ma niente di più.


Be Somebody richiama ‘ alcune hit del passato della band, stilisticamente parlando. Di fondamentale importanza in questo pezzo è la batteria, che riesce a mandare avanti tutto il brano, mettendo in secondo piano le schitarrate violente.
Odyssey è una ballad delicata, costruita tutta sull’interpretazione del leader del gruppo, che esegue il brano quasi con un filo di voce. Il brano si movimenta un po’ a metà della sua esecuzione, mantenendo comunque un mood leggero.
Ed eccoci al fiore all’occhiello di questo progetto: Jezebel.Come potremmo definire questo pezzo? Una perla esplosivamente perfetta! Un mix di rock arrabbiato e incasinato, investito dai violini che restano in sordina ma che uniscono tutti i suoni in un unico mondo. Non ci stancheremo mai di sentire questo pezzo!


Endless Horizon ci incanta già dalle prime note. Potente come un pugno nello stomaco, ci da quei brividini alla schiena, che non possiamo ignorare. Magnetico il timbro vocale che ritroviamo nel pezzo, confezionato in un’ atmosfera dark.
Clouds è un brano piacevole e orecchiabile, ma il meno potente dell’intero progetto. Consideratelo un passaggio allegro al pezzo successivo, Written In Blood, dove si ritorna al rock.
Prepotente ed irriverente, ci troviamo davanti un brano con tutte le caratteristiche perfette per diventare una hit. O un singolo da rilasciare per Halloween, le alternative sono tante.
Concludiamo con Evil. Dal titolo pensavamo di trovare un brano infiammato, invece siamo davanti un pezzo lento e malinconico. Con una durata di ben 5 minuti, viene espresso tutto il lato cantautoriale dei The Rasmus. Dire che ci piace è riduttivo, ci incanta è il termine più appropriato.

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Buon sangue non mente mai, o in questo caso potremmo dire “buon sound”. Bello, intrigante e rilassante a tratti, consigliamo quest’album a tutti coloro vogliano affacciarsi a un genere musicale un po’ ghettizzato, che noi, però sosteniamo a gran voce. Perché il rock non morirà mai.
Cari ragazzi, avete ancora una volta lasciato il segno!

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Marco Gruttaglia

Correzione di Valentina La Viola