Arctic Monkeys: The Car | Recensione

arctic monkeys the car recensione

TUTTI IN MACCHINA CON GLI ARTIC MONKEYS
La musica made in England degli Arctic Monkeys torna con “The Car”, settimo album in studio della band, edito da Domino Recording Company. La recensione


E’ stato composto dal leader Alex Turner, nella sua casa a Los Angeles e prodotto tra Parigi e Londra e può essere considerato come un estensione del lavoro precedente, uscito 4 anni fa.
Contiene diversi stili:dal rock orchestrale, al pop , glam rock e bossa nova. Contiene 10 nuovi brani ed è anticipato dai singoli There’d Better Be A Mirrorball, Body Paint e I Ain’t Quite Where I Think I Am.
Questo nuovo progetto prese forma già dai primi mesi del 2019, con un obiettivo ben preciso: rendere la musica più potente che mai!
Soltanto nel 2021 l’ispirazione vera arrivó, tanto che il leader ha più volte detto di aver provato le stesse, identiche sensazioni di quanto la band registrò l’ album di debutto.
Non c’erano distrazioni, come in città. Niente occhi indiscreti

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Immersi nella tranquillità della campagna inglese, a fianco il produttore James Ford, il tutto ha preso forma. La copertina raffigura un auto in sosta in un parcheggio sul tetto, molto semplice ma che ha ispirato poi il titolo dell’album.
C’è un bianco abbagliante, luce, ecco la copertina che vediamo! …Magari l’album ci trasmetterà la medesima sensazione.
Partiamo.
There’d Better Be A Mirrorball è un pezzo che ha un mix di mistery e di retrò. Morbido e audace, ha un sound ripetitivo, ma volutamente, accompagnato da dei violini che infiocchettano il tutto.
I Ain’t Quite Where I Think I Am rinnova le atmosfere precedenti, alzando i toni e rendendo il tutto più incisivo. Queste atmosfere da anni ‘60/’70 sono molto gradevoli, con la differenza che qui notiamo di più la chitarra, che sostituisce i violini. La voce di Turner si aggancia perfettamente alla struttura del pezzo.

Sculptures Of Anything Goes ci dona un tocco di oscurità, con una base musicale quasi impercettibile, ed una voce ben definita sul pezzo. I falsetti sono il must di questo brano, che potremmo definire “acustico”. Quasi, è questa la particolarità.

Jet Skis On The Moat è uno squisito pezzo pop, ricorda quasi la colonna sonora di un vecchio film. Queste sfumature jazz, un po’ soft e un po’ tendenti al rock, ci incollano all’ascolto e ci tentano in maniera audace. Tutta questa atmosfera continua in Body Paint; anche se qui il pezzo si ammorbidisce, diventando una ballad sussurrata all’orecchio della persona amata. Un tocco di romanticismo.


The Car inizia con un pianoforte e sembra, fin dalle prime note, che abbia tanta voglia di esplodere. Un’ esplosione che ahimè, non arriva… tutto resta statico; solo i violini osano qualcosa. Una chitarra distorta irrompe nella parte finale del brano. Le aspettative erano diverse.
“Big Ideas” ci da un senso di sonnolenza. Si, avete letto bene. Nonostante la base sia molto vintage, non ci prende… ecco una falla!


Hello You risolleva questo attimo di smarrimento. Sentiamo dei tamburi, dei violini, delle chitarre, una batteria… la base ci piace! L’atmosfera è quella da club underground, di quelli che ci arrivi quasi per caso. Interessante, privo di sbavature.
Mr Schwartz è un brano acustico per il primo minuto; poi si trasforma in una jazz song.
Semplice, diretta, non accenna a essere una hit; ma in un certo senso è questa la particolarità: la semplicità che si trasforma in qualcosa di unico. Una canzone fatta per i momenti di malinconia.
Perfect Sense rappresenta meglio di tutti il mood di questo disco: un mix di vintage con una spolverata di modernità. Nonostante la durata esigua, il pezzo arriva e ci porta alla conclusione di questo viaggio nel mondo degli Arctic Monkeys.


Un’ opera che ha una sua strada, una sua identità. Sottotono rispetto i precedenti lavori della band, potremmo definirlo “l’album della tranquillità”. Si è voluto osare, si è voluto sperimentare. Ci manca quel qualcosa che ci inchioda all’ascolto, come se ci fosse qualcosa di incompleto, ma apprezziamo la sperimentazione di generi musicali che sono ‘andati’ pur rimanendo in qualche modo attuali.

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Marco Gruttaglia

Correzione di Valentina La Viola