Slowdive: Everything Is Alive | Recensione

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E’ uscito il quinto album in studio della band di Reading, Slowdive e Everything Is Alive è il suo titolo, la recensione.

Un disco tutto estivo per gli Slowdive, che tornano sulle scene con Everything Is Alive, la recensione:

Sono passati 32 anni dall’esordio degli Slowdive, la band Shoegaze capitanata da Rachel Goswell. Da quel momento, tante cose sono cambiate: 3 album negli anni ’90, un EP nel 2010, un album omonimo nel 2017 e ora, un nuovo disco: “Everything Is Alive”. Purtroppo, come ben è noto, tanti anni di assenza fanno perdere una buona fetta di pubblico, lasciando spazio solo ai più fedeli fan. Unico modo per salvarsi è presentare qualcosa di fresco, di innovativo, distinguersi dalla massa e rendere inconfondibile il proprio stile.


Gli Slowdive ci sono già riusciti negli anni ’90, portando all’apice il genere shoegaze e dream pop. Ma in un’epoca dove il mondo indie si va sempre più affermando, con artisti più giovani e accattivanti, e arricchendo con tecnologie più innovative, riuscirà la band di Reading a tenere alto il nome, e riaffermarsi come sovrana del genere?
Si tratta del loro quinto album in studio, composto da otto tracce e quattro singoli di cui Kisses, il video di questa è stato girato nella nostra Napoli. Gli altri sono The Slab, Skin In The Game e la più recente Alife: tutti e quattro pubblicati nel corso dell’estate.

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Il disco di per se, tiene alto il nome degli Slowdive e dello shoegaze: un ritmo sognante ed etereo, che si sposa curiosamente bene sia con lo stile di trent’anni fa, che con quello dell’indie attuale. Un perfetto equilibrio tra momenti più costruiti ed artificiali, e momenti più semplici riempiti da gustose chitarre (delle quali il disco è cosparso).


Si parte da Shanty, un brano con shynth idilliaci e un’atmosfera cosmica. L’intro perfetto per un album del genere, quasi come se facesse da trasportatore tra il nostro mondo e quello nuovo degli Slowdive. Si intravede una svolta quasi baroque nelle chitarre eteree e sognanti di Prayer Remembered. Un brano intenso e coinvolgente, ma è come se mancasse ancora quel qualcosa che faccia dire “wow”.
Quando inizia Alife invece, ci troviamo in un’atmosfera più acustica, più casalinga e classica, ma allo stesso tempo genuina e morbida, tanto da scivolare inesorabilmente nel pop, senza però sfociare nel banale.

Il disco continua poi con riferimenti lirici e atmosfere anni ’80-’90 con Andalucia Plays, che confermano lo stile e il portamento raffinato, seppur semplice, del titolod’apertura, per poi sfociare nella romantica Kisses, lead single dell’album dai toni chiaroscuri che finiscono inesorabilmente nella ambient.


Skin In The Game– invece- sembra la colonna sonora di uno di quei filmoni d’autore che hanno segnato il decennio scorso. La canzone azzarda: mischia elementi più elettronici ed artificiali ai suoni più familiari e concreti del basso e della batteria, pur rimanendo in quel delicato tema ambient, ai quali gli autori del disco sembrano essere particolarmente affezionati.


Chained To A Cloud sembra invece voler vincere facile sui fan storici e gli amanti del genere: un pezzo che racchiude in 6 minuti le capacità dei membri del gruppo e le loro conoscenze sul genere. E’ probabilmente la traccia più classica del disco: piena di eleganza, di raffinatezza, ma comunque movimentata e soft rock come il loro marchio di fabbrica. Anche qui si apprezza il contenuto, ma ancora non si riesce a dire “wow”.


Il disco si conclude poi con The Slab. Una canzone che rimanda molto al singolo Alife, come a chiudere il vortice che ci ha coccolati per 40 minuti. Una traccia movimentata, che racchiude più elementi pop che rock. Energica e piena di stile, senza però mai tradire il cuore dei suoi compositori, che ci salutano alla fine del disco, con una canzone che possa rimanerci in testa.


In sintesi: Everything Is Alive è un ritorno alle origini della band. Un disco che grida “ci sappiamo ancora fare”, ma è difficile stabilire se si tratti di voler “vincere facile” coi fan storici, o di una vera e propria mossa per fidelizzare il pubblico ottenendone di nuovo, mettendo in risalto le proprie esperienze e capacità. E’ un disco sicuramente fatto ad hoc, che merita almeno un ascolto approfondito, in quanto ha una produzione sopraffina e una qualità immensa, ma al giorno del suo rilascio, manca ancora quel brivido in più che faccia dire “wow”.
E chissà, magari più avanti riuscirà a fare centro, intanto Senti come suona!

Gabriele Romano