Red Hot Chili Peppers: Return Of The Dream Canteen | Recensione

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Inarrestabili i Red Hot Chili Peppers: arriva “Return Of The Dream Canteen”, la recensione.

A distanza di soli sei mesi, arriva un nuovissimo album targato Red Hot Chili Peppers: “Return Of The Dream Canteen”, edito da Warner. Di seguito, la nostra recensione.


Solo ad aprile avevamo recensito il nuovo album della band, e adesso ci ritroviamo ad ascoltare questo nuovo lavoro, a così poco tempo dal precedente.
Realizzato durante le sessioni del precedente lavoro, la punta di diamante è il ritorno del leggendario John Frusciante, assente dalla band da ben 10 anni. Il progetto iniziale era quello di rilasciare ben 7 album composti da 40 pezzi, ma alla fine la band ha optato per rilasciare 2 album separati.
In merito a questo, il batterista Chad Smith ha detto:


“Abbiamo appena scritto un po’ di musica, scritto e scritto senza limiti di tempo e abbiamo finito per registrare tutte queste canzoni. Registriamo sempre più di quello che esce su un disco, ma spesso vengono lasciati nel caveau o incompiuti o altro. Ma li abbiamo finiti tutti. Ci siamo sentiti come se avessimo troppe buone canzoni per non pubblicare un altro disco. Non è come un disco b-sides o qualcosa del genere . Tutto sembrava buono e giusto.”


Due bei regali per tutti i fan in giro per il mondo, che possono sbizzarrirsi con ben 34 nuove canzoni, divise in  2 capitoli. Come due sono gli anni in cui i componenti della band sono rimasti chiusi in casa per via della pandemia, infatti il leader Antony Kiedis dice in merito:


È stato un periodo strano in cui tutti sono rimasti a casa per due anni, e il tempo è diventato un po’ elastico. Invece di dover affrettarci, abbiamo semplicemente detto: “OK, continuiamo a scrivere musica”, e questo è stato il risultato – e quella è stata la frase che mi è venuta in mente”.  


All’interno di questo album troviamo 17 pezzi, ed è anticipato dai singoli “Tippa My Tongue” e “The Drummer”. Quindi partiamo subito con il primo singolo che apre le danze.
Tippa My Tongue è la tipica canzone in stile Red Hot, ma decisamente sottotono rispetto ai pezzi che li hanno resi famosi in passato. Un ritorno alle origini poco riuscito, orecchiabile…si, ma nulla di più.
Non ci convince del tutto.


Reach Out ci da una bella scossa adrenalinica, nonostante sia una canzone “tranquilla” nelle strofe, esplode nel ritornello, punto forte del pezzo. In Eddie vengono messe al centro le schitarrate potenti e, lasciatecelo dire, succulente che ci accompagnano fino alla fine del brano, che dura quasi sei minuti.
Roulette ci ricorda ‘ i pezzi di un altro album della band, Stadium Arcadium, datato 2006.
Un pizzico di nostalgia ci riporta indietro nel tempo, un pezzo che ci fa girare e rigirare, sconvolgendo i nostri sensi. Particolarmente interessante, tenetelo d’occhio.
My Cigarette è un brano che forse non ci aspettavamo. Ha delle venature pop, può non colpire al primo ascolto. Ma è una di quelle canzoni che, ad ogni ascolto, aumentano il proprio indice di gradimento. Tutto il contrario invece per Afterlife, bella al primo ascolto, amore a prima vista…o a primo suono, per così dire. Spensierata e martellante, è la perfetta canzone adatta all’estate. Ti suscita un sorriso, o un pizzico di malinconia.

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Shoot Me A Smile è un altro gioiellino dell’album, un pezzo con un ritornello che ti entra subito in testa e dove la batteria sembra togliere la parte anche al suo interprete.
The Drummer, così come il primo singolo, non ha un certo appeal. Nella scelta dei singoli, bisogna lavorarci bene. Salviamo il ritornello, che riesce a coinvolgere ma non ti da quella scossa elettrica che è d’obbligo nelle canzoni dei ragazzi.

Bag Of Grins incupisce l’atmosfera. Propone un sound volutamente calante, per poi spaccare nel ritornello. Troviamo molto stuzzicante che il pezzo successivo, La La La La La La La La, sia una ballad tranquilla, morbida e impercettibile, così come il pianoforte che la rappresenta.
Copperbelly suona come se fosse una filastrocca rock, ricca e strampalata nel ritornello, quanto calma e misteriosa nelle strofe.
Carry Me Home ha questo fantastico giro di chitarre, che ci accompagna in una melodia un po’ malinconica, in alcuni punti impossibile da cantare, veloce quasi quanto uno scioglilingua.
In The Snow è un pezzo che si affaccia quasi all’elettronico, con un ritornello pieno di distorsioni e privo di qualunque altra contaminazione. Ci da un senso di completezza, nonostante sia un brano musicalmente basico.

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Avendo ascoltato entrambi gli album, possiamo dire che questo secondo capitolo ci prende di più rispetto al precedente, nonostante riscontriamo in entrambi i progetti l’assenza di novità a livello sonoro, se non per alcuni pezzi. La linfa dei Red Hot Chili Peppers si è sicuramente rinnovata col ritorno di Frusciante e l’intervento del produttore Rick Rubin. Nonostante ciò, non sentiamo quella scossa che si percepiva nei loro lavori. Ci sentiamo di promuoverlo, ma non con il massimo dei voti.
Chissà se il futuro della band ci riserverà un cambio di stile, per non rischiare di cadere nella ripetitività che può, ahimè, distruggere la creatività.

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Marco Gruttaglia

Correzione di Valentina La Viola