Ben Harper: Bloodline Maintenance | Recensione

ben harper bloodline maintenance

Un artista come Ben Harper non ha bisogno di grandi presentazioni.
Polistrumentista, vincitore di 3 Grammy e un artista contaminato da tantissimi generi musicali, tutti magistralmente rappresentati, un po’ reggae un po’ pop un po’ funky.
Questo nuovo lavoro si intitola “Bloodline Maintenance”, edito da Virgin ed anticipato da “We Need To Talk About It”.


Di questo nuovo percorso il cantante dice:


“Il significato del disco deve essere scoperto dall’ascoltatore attraverso la sua esperienza e la mia, e non la intendo come una via di fuga, un modo per scappare. Cerco di dire che alcuni titoli sono una proclamazione, altri sono un’esplorazione, io stesso sto ancora cercando di capirlo. Sono fin troppo elettrizzato per il solo fatto di essere riuscito a metterlo insieme ma solo perché l’ho pubblicato non vuol dire che io sappia che diavolo significhi! A volte penso che sia un album anche troppo personale e questa è una bella sensazione perché quando sento di aver tirato fuori troppo del mio privato o di essere stato troppo assertivo, quello è il momento che mi fa capire che devo fare uscire il disco”.


Troviamo un Ben che, oltre ad eseguire i pezzi, li vive completamente, essendo anche musicista e arrangiatore dei suoi stessi brani, spaziando da batteria, basso, percussioni e chitarra. Si autodefinisce un inguaribile ottimista, senza perdere quella vena di cinismo che riesce a farci andare avanti, come ben sappiamo. Un disco dedicato ad un’amico di vecchia data ormai perso e al padre carismatico, che il cantante ammira; composto da 11 canzoni, molte delle quali dalla durata esigua, che basta a farci assaporare il tuttoentrare in questo mondo che di soprese ne riserva tante. E dunque iniziamo subito.
Partiamo con “Below Sea Level”, una sorta di canzone/testo, dove la musica viene messa di lato per lasciare spazio solo alla voce. Nessuna melodia, solo una voce chiara e decisa. Un inizio basic ma che ci trascina verso un qualcosa di più grande. “We Need To Talk About It” ci cattura con un Groove niente male. Un mix di funk rock, dove il basso fa da protagonista. Una canzone che parla dei problemi che affliggono l’America, una sorta di denuncia in versione musicale. Molto bello il giro di chitarre, ti elettrizza.


Where Did We Go Wrong” porta avanti il sound del pezzo precedente, ma con un pizzico di movimento in più e con una voce più calda. Quasi come un eco che riecheggia in una stanza vuota ed ovattata. “Problem Child” fa rallentare questa corsa appena iniziata. Un sound retrò, un atmosfera da club e un po’ di modernità in un brano che potremmo definire “un classico d’autore”. Bello il sassofono che si sente esplodere a metà pezzo.
In “Need To Know Basis” torniamo a sentire un martellante basso, contornato da una batteria leggera ma d’effetto. Si sente proprio il tocco di un vero artista e strumentista, senza sforzi pazzeschi. Ci piace.
It Ain’t No Use” contiene una vena blues e tipica della black music, quasi come se ne fosse un omaggio. Un pezzo “straziante”, dove non c’è spazio per il superfluo. “More Than Love” è l’unico pezzo che non ci ha fatto “sognare”, sembra manchi di qualcosa. Un po’ monocorde forse, bello il testo e curato l’arrangiamento. Ma è un “ni”.

ben harper bloodline maintenance recensione


Smile At The Mention” è un sogno per le nostre orecchie. Concentratevi sulla musicalità del brano, che non ha nemmeno una sbavatura. Vorrete mettere in loop questa canzone, non ci si annoia nemmeno un attimo. Ci si può perdere.
Honey Honey” ha uno stile alla Blues Brothers, accattivante e travolgente, nonostante il brano sia vestito di una calma apparente. Per assaporare questo brano, bisogna andare oltre i confini di noi stessi.
Knew The Day Was Comin’” ha un sound estivo e country, con un’irriverente chitarra che ombreggia quasi tutto il resto. Nonostante il pezzo duri solo 2 minuti, tutto sembra al posto giusto e non si ha la sensazione di incompletezza che si potrebbe pensare, partendo un tantino prevenuti.


Maybe I Can’t” conclude l’album e come il primo pezzo potremmo definirlo “essenziale”, anche se qui sentiamo una chitarra acustica in sottofondo. A metà brano sembra che si svegli, come anche l’andatura della voce dell’artista, ma è un mero assaggio che ci ributta nella tranquillità del pezzo, che chiude con gran stile questo lavoro impeccabile.

Bloodline Maintenance letteralmente vuol dire “mantenimento della linea del sangue”,e in effetti potremmo definirlo un disco che si lega a livello genetico al cantante, per via del sound, per via della copertina (una foto dell’artista e di suo padre). Un gigantesco mondo dove ci si può buttare a capofitto e dove si nasconde un grande lavoro, rovistando perfino negli angoli più remoti di ogni singolo suono.

Vi invitiamo ad ascoltarlo con le cuffie perché ogni suono, ogni strumento, deve essere vissuto esattamente come lo abbiamo vissuto noi: con grande rispetto, con la consapevolezza che non abbiamo davanti a noi un album ordinario, ma che straordinariamente ci ha coccolato in un piacevole ed intenso trip che potrebbe non finire più. Vi abbiamo convinti? Harper lo farà!

ben harper bloodline maintenance

Marco Gruttaglia

Correzione di Valentina La Viola

Scopri di più su MusicVoltage.com